Ma un fattore che preoccupa in modo particolare per la conservazione dell’ittiofauna nativa del Po, sia in gran parte per la sua età recente, sia per la sua natura irreversibile nei casi di acclimatamento e naturalizzazione delle specie, sia per l’impossibilità in ogni caso di prevederne gli effetti locali, è costituito dall’introduzione di specie ittiche esotiche. L’impatto delle specie esotiche sulla fauna ittica del Po si può considerare secondo solamente a quello connesso con il degrado ambientale; nel caso di alcune specie (come per esempio del barbo, gravato dalle alterazioni fluviali ma anche dalla probabile ibridazione con una o più specie di barbi esotici, o anche del pigo, colpito dalla ibridazione con il gardon, come è stato osservato in passato nel Fiume Ticino, GRAIA srl, 2004), è certamente molto difficile attribuire due pesi diversi ai due tipi di minaccia ed occorre riconoscere il ruolo determinante di entrambi nel declino di popolazioni o addirittura comunità intere e specie. Peraltro, forse ancor più che per la questione strettamente ambientale riguardante la distruzione e la perdita degli habitat naturali, affrontare il problema delle specie esotiche invasive e contrastarne la diffusione, come già accennato, è un obiettivo particolarmente ambizioso. Restituire la naturalità agli alvei fluviali, depurare le acque e smettere di inquinare, ristabilire corridoi ecologici, è un obiettivo che, per quanto arduo ed oneroso, è immaginabile e in molti casi anche concretamente realizzabile; eradicare completamente una specie esotica invasiva naturalizzata è invece un obiettivo quasi assolutamente irraggiungibile; le rare eradicazioni compiute con successo riguardano nella stragrande maggioranza dei casi, situazioni particolarissime di ambienti isolati, con una serie di condizioni al contorno del tutto fortunate e favorevoli all’eliminazione della specie. Le difficoltà di eradicazione degli esotici derivano dal fatto che essi sono naturalizzati nell’ambiente di introduzione ed in esso si riproducono e rinnovano continuamente, ribaltando gli equilibri in seno alle catene trofiche e agli ecosistemi nel loro complesso e assicurandosi una continuità anche grazie alle proprie capacità di dispersione e movimento; una specie esotica invasiva si diffonde, alterando il sistema delle relazioni all’interno delle comunità, stabilendo nuove dinamiche ecologiche, cambiando le caratteristiche morfologiche e genetiche delle popolazioni, trasmettendo parassiti e malattie, stabilendo nuovi rapporti di predazione e competizione e modificando così le dinamiche di sfruttamento delle risorse ambientali disponibili. Di qui l’irreversibilità di questo fenomeno e dunque la necessità di stabilire nuovi obiettivi e traguardi, rispetto all’originale naturalità, mirati al fine ultimo della salvaguardia e dell’incremento della biodiversità.
Peraltro, affrontare il problema degli esotici è ancor più complesso quando si ha a che fare con gli ecosistemi acquatici; essi sono maggiormente vulnerabili ai cambiamenti rispetto a quelli terrestri, a causa della loro fluttuazione e sensibilità all’inquinamento; inoltre in essi le introduzioni sono favorite da un numero minore di barriere presenti, dai movimenti delle correnti e da un sistema di collegamento tra fiumi, laghi e canali funzionale alla dispersione.
Il fenomeno dell’immissione di specie esotiche nel nostro Paese ha avuto inizio in epoca romana, ma solo a partire dal ventesimo secolo esso ha assunto proporzioni elevate e tempi ravvicinati, basti pensare che delle 24 specie alloctone certamente presenti oggi nel Po (cui si aggiungono 2 specie segnalate), la gran parte sono state introdotte dopo il 1850.
Con l’intervento umano, in poco meno di un secolo il Fiume Po si è trasformato da “serbatoio” prezioso per la biodiversità naturale dell’ittiofauna autoctona, con un ruolo insostituibile di corridoio ecologico utile alle migrazioni e ai flussi genici tra popolazioni e meta-popolazioni, in una pericolosa via di dispersione ed invasione da parte di specie aliene, estremamente dannose per la nostra fauna ittica, come il siluro, l’aspio, l’abramide, la blicca, il gardon e molte altre specie.
Alcune specie ittiche, introdotte in tempi storici, sono ormai da considerarsi “para-autoctone”, cioè del tutto integrate con la fauna ittica nativa, all’interno dei nostri ecosistemi fluviali: è il caso per il Po della carpa e della trota fario. Altre specie invece, immesse più o meno volontariamente nei nostri bacini, sia per la loro introduzione recente sia per le loro caratteristiche autoecologiche, sono considerate altamente invasive e dannose o per esse occorrono approfondimenti conoscitivi che chiariscano le relazioni interspecifiche e gli effetti prodotti sulla comunità nativa. L’elenco completo delle specie esotiche oggi certamente presenti nel Po è riportato di seguito.
Elenco faunistico delle specie ittiche esotiche attualmente presenti in Po e/o riscontrate in passato. Questo elenco non tiene conto delle specie per le quali esistono solo segnalazioni, non documentate.
*specie non campionata nel monitoraggio 2007-2008